Non devi aspettare fino a 67 anni: grazie alla pensione flessibile puoi uscire dal mondo del lavoro già a 62 anni. Vediamo come funziona.
C’è un modo per smettere di lavorare già a 62 anni: è la pensione flessibile. Vediamo tutti i dettagli di questa misura ancora poco conosciuta ma molto vantaggiosa per i lavoratori. Il sistema previdenziale attualmente in vigore in Italia è decisamente poco flessibile.
Infatti per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria è necessario soddisfare ben tre requisiti: uno anagrafico, uno contributivo e uno economico. Stando a quanto stabilito dalla legge Fornero possono andare in pensione solo coloro che hanno almeno 67 anni di età, almeno 20 anni di contributi e che hanno maturato un assegno pensionistico d’importo pari o superiore all’importo dell’assegno sociale che, per il 2024, corrisponde a 534, 41 euro al mese.
Esistono diverse misure di prepensionamento ma gran parte di esse prevede comunque sia un requisito anagrafico che un requisito contributivo. Senza contare che molte misure di pensione anticipata come, ad esempio, Quota 41, Ape sociale e Opzione Donna, si rivolgono solo a specifiche categorie di lavoratori. Che fare, allora, per smettere di lavorare un po’ prima? La soluzione è la pensione flessibile.
Pensione flessibile: ecco come funziona
Grazie alla pensione flessibile è possibile uscire dal mondo del lavoro con ben cinque anni di anticipo sulla tabella di marcia: cioè a 62 anni anziché a 67. Vediamo come funziona questa misura. Da tempo i sindacati fanno pressioni sui vari Governi affinché vengano agevolate le pensioni anticipate.
Permettere ai lavoratori di andare prima in pensione, infatti, favorirebbe il ricambio generazionale all’interno dei luoghi di lavoro e, di conseguenza, sarebbe un modo efficace per combattere la disoccupazione giovanile.
I sindacati propongono di permettere l’uscita dal mondo del lavoro a partire dai 62 anni sempre tenendo fermi il requisito contributivo minimo di 20 anni. Questo inciderebbe poco o nulla sulle casse dello Stato se tutti gli assegni previdenziali venissero ricalcolati con il sistema contributivo puro.
Questo sistema, infatti, per calcolare l’importo della pensione che spetta ad un lavoratore, tiene conto di due fattori: i contributi versati e l’età di uscita dal lavoro. In pratica l’insieme dei contributi versati viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione che aumenta con l’aumentare dell’età anagrafica. Va da sé che – a parità di stipendio – chi andrà in pensione a 62 anni con 20 anni di contributi, avrà un assegno più basso di chi continuerà a lavorare fino a 67. Ma avrà guadagnato 5 anni del suo tempo libero.
Altrimenti, ad oggi, per uscire dal lavoro a 62 anni si può ricorrere a Quota 103 che prevede il pensionamento a 62 anni con 41 anni di contributi. Oppure si può fruire della pensione anticipata ordinaria. Questa misura non ha alcun requisito anagrafico: si può andare in pensione a qualunque età, anche prima dei 62 anni, purché i contributi siano pari almeno a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.