A 67 anni, con almeno 20 anni di contributi versati, si apre la porta alla pensione di vecchiaia ordinaria. Questo rappresenta un traguardo importante per molti lavoratori che, dopo anni di impegno, aspirano a godersi un meritato riposo.
Tuttavia, per chi ha versamenti contributivi successivi al 1995 e quindi rientra nella categoria dei cosiddetti “contributivi puri”, è possibile anticipare l’accesso alla pensione già a 64 anni.
Inoltre, esistono ulteriori flessibilità: per esempio, chi non raggiunge i requisiti né a 64 né a 67 anni può accedere alla pensione a 71 anni con soli 5 anni di contributi. Per coloro che rientrano nelle cosiddette deroghe Amato, invece, è sufficiente avere compiuto i 67 anni d’età e possedere almeno 15 anni di contributi.
Per chi giunge all’età pensionabile senza aver maturato diritti sufficienti per una pensione ordinaria o in assenza totale di contributi versati, lo Stato prevede l’erogazione dell’assegno sociale.
Questa prestazione è destinata a garantire un minimo livello di sostentamento ed è erogata previa verifica delle condizioni reddituali del richiedente.
Con un importo base pari a €534,41 mensili per chi non dispone di altri redditi e una versione ridotta per coloro che hanno redditi inferiori a tale soglia ma comunque superiori allo zero.
Una delle problematiche più sentite dai neo-pensionati riguarda gli importi spesso modesti delle prestazioni percepite. Infatti, salvo casi eccezionali legati ad altissimi stipendi e conseguenti elevati versamenti contributivi, le pensioni calcolate su meno di vent’anni tendono raramente a superare i €500 mensili.
Tale somma risulta insufficiente soprattutto per coloro che devono affrontare spese fisse significative come il pagamento dell’affitto.
Per far fronte alle difficoltà economiche dei pensionati con redditi particolarmente basso si rendono disponibili strumentazioni aggiuntive quali l’Assegno d’Inclusione (AdI).
Questa misura sostituisce il precedente reddito di cittadinanza ed è accessibile anche ai titolari di trattamenti previdenziali INPS aventi diritto sulla base della situazione economica individuale e familiare valutata attraverso l’ISEE.
L’AdI mira a integrare il reddito fino ad arrivare a una soglia definita dalla normativa vigente e può comprendere anche componenti ad hoc per le spese abitative.
L’integrazione massima raggiungibile tramite AdI può toccare i €500 mensili; tuttavia aggiungendo la componente affitto si può arrivare fino a €780 mensili.
Per gli over-67 gli importi salgono a €630 come integrazione reddituale più eventualmente €150 dedicati espressamente alle spese abitative.
Questa soluzione rappresenta un valido supporto per pensionati con importi bassi, che potrebbero così vedere migliorata la propria condizione economica grazie agli interventi di politica sociale pensati per mitigare l’impatto della povertà tra gli anziani.
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