La questione del controllo dei dipendenti da parte dei datori di lavoro è sempre stata un argomento delicato e controverso.
Recentemente, un caso giunto fino alla Cassazione ha riacceso il dibattito su quali siano i limiti e le modalità con cui un datore di lavoro può verificare l’adempimento delle prestazioni lavorative dei propri impiegati.
Un lavoratore è stato licenziato in seguito ai risultati ottenuti dal suo datore di lavoro attraverso l’utilizzo di un’agenzia privata di investigazione.
Le tecniche impiegate includevano fotografie e pedinamenti, mirate a controllare se il dipendente rispettasse gli obblighi contrattuali relativi alle sue prestazioni lavorative. Dopo aver perso nei primi due gradi di giudizio, il lavoratore ha presentato ricorso in Cassazione.
Il datore di lavoro può spiare i dipendenti?
La decisione della Corte di Cassazione stabilisce chiaramente che i datori di lavoro non possono avvalersi dell’aiuto di soggetti terzi, come agenzie investigative o guardie giurate, per monitorare l’adempimento delle prestazioni lavorative dei loro dipendenti. La legge prevede infatti che i nominativi e le mansioni del personale addetto al controllo debbano essere noti ai lavoratori.
Secondo la sentenza della Cassazione, qualsiasi forma di sorveglianza effettuata da soggetti esterni all’azienda non può riguardare direttamente l’adempimento o meno delle prestazioni contrattuali da parte del dipendente. Gli istituti di vigilanza o le agenzie investigative possono intervenire solo per accertare eventuali comportamenti illeciti del lavoratore che non siano direttamente collegati alle sue responsabilità contrattuali.
La normativa vigente consente al datore di lavoro o ai suoi rappresentanti gerarchici interni all’organizzazione aziendale (debbano essere persone note al dipendente) la possibilità di controllare lo svolgimento delle attività lavorative affidate ai propri impiegati. Ciò significa che il controllo sulle prestazioni può essere esercitato anche in maniera discreta ma deve necessariamente avvenire attraverso figure interne all’azienda e riconosciute dal personale.
Mentre la legge ammette una certa flessibilità nel modo in cui i datori possono sorvegliare l’esecuzione degli obblighi contrattuali da parte dei loro impiegati, essa pone limitazioni chiare quando si tratta dell’intervento da parte terze parti esterne all’organizzazione aziendale. Questa sentenza ribadisce quindi l’importanza della trasparenza e della conoscenza reciproca tra datore e dipendente nel contesto della vigilanza sul posto di lavoro.