Le fattispecie di pignoramento in caso di debiti del dipendente verso terzi in questo 2024 hanno subito delle variazioni.
Nel contesto del rapporto di lavoro dipendente, l’azienda si impegna a corrispondere al lavoratore una retribuzione in cambio delle prestazioni manuali e/o intellettuali fornite. Chiamatelo stipendio, chiamatelo salario, chiamatelo compenso. Tuttavia, questa retribuzione può essere oggetto di pignoramento in caso di debiti del dipendente verso terzi, come previsto dalla legge. Misure che esistono da tempo, ma che in questo 2024 hanno subito delle variazioni. Ecco quali.
Il pignoramento dello stipendio è un processo attraverso il quale il datore di lavoro trattiene una parte della retribuzione del dipendente per saldare debiti con terzi, trasferendo poi la somma pignorata al creditore tramite bonifico bancario. Comunque sia, anche per garantire la sussistenza economica e vitale di chi subisce un provvedimento del genere, vi sono dei limiti.
Come vedremo di qui a breve, è importante notare che le somme pignorate sugli stipendi accreditati prima del pignoramento stesso sono soggette a limiti specifici, mentre per gli stipendi accreditati dopo si applicano i limiti generali.
I limiti per il pignoramento dipendono dalla natura del debito. Per i debiti ordinari, la quota massima pignorabile è generalmente pari a 1/5 del reddito mensile del lavoratore. Tuttavia, per i tributi dovuti allo Stato, alle province e ai comuni, il limite è anch’esso di 1/5 della retribuzione. In alcuni casi, come nel pignoramento effettuato dall’agente della riscossione, i limiti possono variare a seconda dell’importo del debito.
Per esempio, per importi fino a 2.500 euro, il limite è del 10%; per importi tra 2.500 e 5.000 euro, è del 14%, mentre per importi superiori a 5.000 euro è del 20%. È importante notare che questi limiti si applicano sullo stipendio netto del dipendente, dopo le detrazioni previste per legge, come contributi previdenziali e fiscali.
Un esempio pratico può chiarire il funzionamento del pignoramento. Supponiamo che un dipendente sia soggetto a un pignoramento per debiti relativi a rette dell’asilo nido, mensa scolastica e TARI, per un totale di 3.700 euro. Il datore di lavoro deve trattenere una parte dello stipendio del dipendente per saldare questo debito. Supponiamo che lo stipendio lordo di questa persona per il mese di gennaio sia di 2.293,28 euro. Dopo le detrazioni previste per legge, il suo stipendio netto da liquidare è di 1.650,80 euro. Il pignoramento è calcolato su questa somma, e risulta essere di 183,42 euro. Pertanto, il netto effettivamente da liquidare al dipendente per il mese di gennaio è di 1.650,80 euro meno la somma pignorata.
In caso di più pignoramenti per cause diverse, la somma totale trattenuta non può superare la metà dello stipendio netto del lavoratore. Se i pignoramenti riguardano le stesse cause, si applica il limite del quinto dello stipendio.
Il pignoramento può riguardare tutte le somme spettanti al dipendente a titolo di stipendio, comprese quelle relative alle mensilità aggiuntive come la tredicesima e la quattordicesima. Tuttavia, alcune componenti della busta paga, come rimborsi spese o indennità, non sono pignorabili.
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